Italians do it better: i migliori gin italiani del Nord
I gin artiginali del Nord Italia
Un distillato anglosassone con radici olandesi? Beh, non tutti pensano che il gin sia esattamente questo. O per lo meno non solo questo. Perché qualche anno fa lo storico e barman Fulvio Piccinino aveva sparigliato le carte sostenendo, con il suo libro “Il gin italiano”, che già nel XVI secolo in Italia farmacisti, speziali e alchimisti distillavano liquori a base di ginepro. Parliamo di un secolo prima dell’apparizione sulla faccia della terra del mitologico Boë Sylvius, erroneamente considerato il padre del gin, anche se tuttalpiù si potrebbe considerare una specie di nume tutelare del distillato di ginepro. Come afferma lo stesso Piccinino, ci sono testi antichi di alchimia, farmacopea e liquoristica a dimostrare che “noi italiani il ginepro lo sapevamo e lo sappiamo lavorare e non siamo secondi a nessuno”.
A questo si aggiunge l’enorme patrimonio di biodiversità dell’Italia, che da Nord a Sud finisce per caratterizzare inevitabilmente la liquoristica nostrana. Ed è qui che vogliamo iniziare il nostro viaggio, a partire dal Nord Italia, dove nel gin ci vanno le botaniche delle Alpi, che sanno di balsamico e di freschezza di montagna. In particolare il Nord Italia, infatti, vanta una lunga tradizione di distillati al ginepro, dal momento che questo arbusto sempreverde cresce sopra i mille metri e fra Alpi e Appennini trova terreno fertile. I più antichi “gin italiani” appartengono alla tradizione piemontese e trentina, come si evince dai vecchi manuali di liquoristica di fine ’800.
Partiamo proprio dal Trentino, con il Dol Gin, che è uno dei primi gin italiani comparsi nella bottigliera del The Gin Corner e in generale sul mercato italiano dei gin. Colore di una trasparenza purissima e montagne innevate di sfondo nella bottiglia. Il Dol è un concentrato di montagna, da cui prende le botaniche: 24 in tutto, raccolte tutte sull’Alpe di Siusi, a eccezione solo del limone del Lago di Garda. Il creatore è Florian Rabanser, master distiller della storica distilleria altoatesina Zu Plun, creata in un tipico maso. Per il bar manager del The Gin Corner, Angelo De Valeri, è un gin che si presta benissimo per un Martini e la cui purezza è perfino sprecata nel Gin Tonic.
Passiamo al Veneto, dove nel trevigiano nasce il gin Roby Marton, che prende il nome dal suo creatore. Qui è zona di grappe, ma Roby Marton da quella scuola ha preso solo la tecnica perché in questo caso le botaniche sono più globe trotter e non solo seguono la moda, ma l’hanno perfino fatta. Questo gin, infatti, non solo è buono con il Gin Tonic, ma si esalta nel drink con cui Roby Marton l’ha promossa in tutta Italia, compresa una tappa al The Gin Corner: l’Italian Mule, ovvero un Gin Mule con la ginger beer al posto della tonica.
Andiamo in Lombardia, dove si possono trovare sia i gin cosmopoliti nati al centro di Milano, come il Giass, che quelli più complessi che dai laghi si spostano nel resto del mondo con le loro botaniche. Ecco il Bandiera, un London Dry che nasce sul ramo varesotto del Lago Maggiore, nella distilleria Cillario&Marazzi Spirits. Alla sua base c’è un alcol di grano biologico italiano e ben 19 botaniche. È soprattutto la maggiorana a spiccare nel bouquet aromatico e nel cuore di questo gin, dal momento che viene selezionata e raccolta in Liguria personalmente dal master distiller. Ugualmente il bar manager del The Gin Corner, Angelo De Valeri, ogni fine settimana va a far scorta di botaniche fresche da abbinare ai suoi drink e la maggiorana non può mai mancare per impreziosire questo gin. Il Giass, invece, come si diceva è un “Milano Dry Gin” e per la cronaca Giass vuol dire Ghiaccio in milanese, componente fondamentale per i drink a base gin. Cinque amici, una lavastoviglie (con cui erano state provate le prime infusioni) e 18 botaniche, molte delle quali provenienti dalle Dolomiti e dal Trentino. Fra queste la mela golden, che il nostro Angelo ama mettere fresca a spicchi nel Gin Tonic con il Giass.
Passiamo quindi al Piemonte, dove la storia della distillazione passa per l’antica tradizione vinicola e di produzione del vermouth, che con il gin, si sa, ci sta sempre bene, nonché dalla liquoristica. Ci sono le cicchetterie da cui nascono gin agricoli come quelli fatti da Franco Cavallaro, proprietario del Cicchetto di Asti. Agricolo perché Cavallaro le botaniche se le coltiva da solo e in pochi anni è arrivato a far crescere nelle sue terre più di trentacinque diverse botaniche, che vanno a impreziosire i suoi gin. Tre quelli della linea: Blagheur, Evra e Gadan. Sono gin dalla forte complessità e che vanno degustati senza fronzoli. Arriva dal Piemonte anche il Villa Ascenti, distribuito da Diageo, che ha chiesto al suo master distiller Lorenzo Rosso di lavorare su un gin che esprimesse il Piemonte. È così che è nato questo gin in cui predominano l’uva Moscato, la menta fresca, il timo. La menta, in particolare, per Angelo De Valeri è la punta dell’iceberg della complessità di questo gin da esaltare nei migliori Gin Tonic con un garnish di menta freschissima. Sempre in Piemonte a Diageo risponde l’altro colosso della liquoristica Velier, che distribuisce un gin dall’animo motoristico che viene dall’Alta Langa. È l’Engine gin, dal curioso packaging in una latta che ricorda una lattina d’olio per il motore (engine vuol dire appunto motore), che è un mix di botaniche biologiche raccolte per esaltare l’Italia e la sua tradizione motoristica, che parte proprio dal Piemonte.
Last but not least, arriviamo in Liguria, dove troviamo gin più mediterranei. D’altra parte qui si respira aria di mare e il microclima ligure ha delle specificità che lo rendono unico. Ne è un esempio l’oliva taggiasca, che finisce in un gin che si chiama appunto Taggiasco. Ne aveva parlato The Gin Lady a proposito dei cosiddetti gastro-gin, i gin da mangiare. Qui c’è l’oliva, con quel sentore d’olio che tuttavia non si riflette nella texture. È il gin ideale per uno dei Martini cavallo di battaglia del nostro Angelo, il Gold Martini, in cui finisce proprio una goccia dorata d’olio.